sigyn_halja: (merida freedom)
[personal profile] sigyn_halja
Titolo: But there are some who are led
Fandom: Brave
Personaggi: Merida, Elinor, nominati Fergus, i gemelli e la strega
Genere: Introspettivo, malinconico
Warning: flashfic, gen, missing moment
Note: Il titolo è una citazione dal film: "Some say our destiny is tied to the land, as much a part of us as we are of it. Others say fate is woven together like a cloth, so that one's destiny intertwines with many others. It's the one thing we search for, or fight to change. Some never find it. But there are some who are led."



But there are some who are led









Merida non ha mai dimenticato il giorno degli will-o’-the-wisp.

Anche quando hanno smesso di festeggiare il suo compleanno vicino alla foresta – sua madre diceva che era troppo pericoloso, e suo padre era d’accordo con lei, anche se ancora adesso talvolta i suoi occhi brillano come fiamme e Merida sa perché in fondo vorrebbe farlo ancora una volta -, quando sono nati i gemelli e sua madre all'improvviso non ha più avuto tempo di stare con lei e insegnarle le leggende della loro terra e ha cominciato a parlarle solo di regole da seguire e lezioni da imparare e cose che una principessa deve saper fare, quando i ricordi si sono fatti pian piano così vaghi e lontani che ora quasi ha paura siano solo frammenti di un sogno perduto per sempre.

Non ricorda quale sia stato il suo primo pensiero mentre tendeva l’arco e lasciava scivolare la freccia tra le dita: forse non ha pensato a nulla, perdendosi nella consistenza del legno leggero e levigato stretto nel suo pugno e nello sforzo di tenere fermo il braccio mentre tentava goffamente di prendere la mira, perché allora non aveva la più pallida idea di cosa dovesse fare e di cosa stesse realmente facendo. Non ricorda Mor’du, se non come l’ombra terribile di un gigante venuto dal nulla e dall’oscurità, nera come la notte e tanto alta e tanto grande da oscurare il sole, intravista per pochi brevi momenti di terrore mentre sua madre la prendeva tra le braccia e poi la posava bruscamente in groppa a un cavallo e montava dietro di lei, mentre un padre! inutile e disperato le si bloccava nella gola come un boccone duro e amaro e la soffocava fino a farla scoppiare a piangere.

Merida ricorda solo gli will-o’-the-wisp. Ricorda di aver pensato che erano reali, e tanto belli da mozzarle il fiato: bruciavano davanti ai suoi occhi increduli come fiamme fredde, galleggiando nell’aria immobile e nella penombra fresca e opprimente della foresta, come capricciose fiaccole blu e brillanti che si accendevano e si spegnevano quasi ad indicarle il cammino.

Ricorda – o forse, queste, le ha davvero solamente sognate – le loro voci acute, sussurri appena udibili nell’ombra eppure così accattivanti, quasi rassicuranti, come quelli di un amico che sta per raccontarti il suo più intimo segreto.

Vieni, le avevano detto.







Quando glielo aveva detto, suo padre ci aveva scherzato sopra, e lei aveva riso con lui anche se sapeva di avere ragione perché la sua risata era forte e spavalda e irresistibile. Sua madre, invece, le aveva detto che, talvolta, se sei fortunato, se nella tua vita farai qualcosa di grande, di straordinario – allora, gli will-o’-the-wisp ti condurranno fino al tuo destino. Merida non aveva capito, quel giorno, ma le era sembrata una cosa davvero bella, e si era chiesta quale sarebbe stato il suo destino.

Solo anni dopo ha scoperto che sua madre non le ha detto tutta la verità, ma solo la parte più bella, quella che le sarebbe piaciuta. Succedeva spesso, a quei tempi, quando le sue storie la facevano ridere e piangere e sognare e non c’erano mai antichi regni distrutti, pieni di principi stupidi e arroganti e incapaci di pensare prima di agire che a quanto pare dovrebbero esserle d’esempio ogni singola volta che cerca di prendere una decisione da sola.

Gli will-o’-the-wisp non sono creature completamente buone, non più di quanto lo siano i coboldi o i brownie o le altre fate. Possono condurti alla tua vera sorte, sì, ma anche farti perdere l’orientamento e portarti lontano dal sentiero sicuro, attraverso paludi e stagni, fin quando il sole cala e tutto è buio intorno a te – e poi le luci si spengono, si dissolvono nell’aria come se semplicemente non ci fossero mai state, e all’improvviso sei sull’orlo di un precipizio e l’unico destino possibile è mettere un piede in fallo e cadere giù, sempre più giù.

Merida stringe i pugni fino a conficcarsi le unghie nella carne, il buio dietro le palpebre e tutto attorno a lei, il rumore di una pioggia crudele che non sembra dover smettere mai che le rimbomba nelle orecchie. Accanto a lei ci sono il calore morbido del pelo, il peso stranamente confortante di muscoli forti e scattanti, un lieve odore selvatico ma non sgradevole – e, dietro tutto questo, c’è il disappunto silenzioso di sua madre.

Non è colpa mia!, vorrebbe poterlo ripetere per l’ennesima volta – vorrebbe urlarlo finché sua madre non le crederà, fino a quando non avrà più voce, o finché non si sveglierà da quest’incubo assurdo -, ma sa che sarebbe inutile. Però, anche se sua madre non le crede, sa di avere ragione. È colpa dell’incantesimo che non ha funzionato come avrebbe dovuto, della strega pazza nel cottage che non dovrebbe essere vuoto ma lo è anche se non è giusto, del destino, degli will-o’-the-wisp. Non è colpa sua. Davvero.

Solo il silenzio e la pioggia rispondono ai suoi pensieri, nella notte fredda e vuota. È sull’orlo del precipizio, e non c’è nessuna luce.

Vorrebbe solo tornare indietro, vorrebbe dimenticare il giorno degli will-o’-the-wisp. Vuole solo riavere sua madre indietro, anche se a lei, di certo, non lo dirà mai.

L’orsa si muove appena al suo fianco, e le sfugge un grugnito basso e lieve, come se stesse parlando nel sonno. È calda e solida e viva, più vicina e reale di quanto lo sia stata per anni. Merida si abbandona contro di lei, inspira il suo odore ed all’improvviso è di nuovo se stessa, finalmente.

Ha ancora sua madre. È una bestia, ma è qui e ha bisogno di lei, e Merida la salverà.

E anche se non ci sono luci, anche se forse il suo destino è cadere nel baratro, lei lo cambierà – l’ha già fatto una volta.

Alla fine, quando i pensieri di Merida si fanno fiacchi e volatili e la stanchezza prende possesso del suo corpo piano piano, arto per arto, dalla testa ciondolante alle gambe intirizzite, per un attimo dietro le palpebre abbassate è quasi certa di vedere un fioco bagliore blu.

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